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Il modello dell’albergo diffuso è nato negli anni Novanta, con l’intento di investire su borghi in sofferenza per lo spopolamento. Molti abitanti, infatti, hanno lasciato i piccoli paesi per spostarsi in città alla ricerca di lavoro, abbandonando le proprie case e svendendole a prezzi irrisori. Alcuni imprenditori hanno perciò rilevato le abitazioni di queste città fantasma, installandovi stanze d’albergo e trasformando paesi deserti in alberghi di lusso. Gli ospiti possono dunque risiedere in abitazioni individuali, ma cenare nel ristorante dell’ hotel o visitare la spa: tutto sparso su edifici diversi del paese. Una formula che, a distanza di trent’anni, si dimostra particolarmente adatta per Grimaldi.
Come nasce (per caso) l’albergo diffuso
Negli anni ’90, l’imprenditore italo-svedese Daniele Kihlgren, cresciuto a Milano, si perde tra i tornanti che circondano il borgo medievale di Santo Stefano di Sessanio, in Abruzzo. Si imbatte quasi per caso in questo piccolo paese semi-deserto dalle architetture antiche, i cui abitanti se ne sono andati da tempo. Sembrerebbe quasi il set di un film horror, e invece questo luogo incontaminato e circondato dalle montagne ispira a Kihlgren un’idea. Per l’imprenditore, il borgo fantasma rappresenta un luogo dal grande potenziale attrattivo, preservato proprio dall’isolamento e dall’abbandono. Ed è così che nasce la sua visione per il riutilizzo di questa terra desolata: la creazione di Sextantio, un albergo diffuso all’interno degli edifici e delle abitazioni vuote. Oggi il brand è diventato una catena, che ha una struttura anche a Matera, il paese scavato nella roccia.
All’interno di Sextantio è possibile fare picnic tra le montagne con i prodotti locali. O sostare nella piazzetta, con i suoi caffè e le botteghe artigianali, dove i camerieri spiegano come vengono prodotte le prelibatezze del posto. Ampi spazi aperti e riscoperta delle tradizioni locali.
E se facessimo qualcosa del genere anche a Grimaldi?
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